
Questa domenica nell’ottava di Pasqua è detta liturgicamente “In albis” (deponendis) perché i neo-battezzati deponevano la veste bianca che avevano ricevuto e portato dalla notte della “Veglia di Pasqua”.
Da qualche tempo viene chiamata “della Misericordia” perché tutto il “mistero di Pasqua” è rivelazione del sublime amore di Dio.
Per questo il tempo di Pasqua, che per la liturgia si conclude a Pentecoste, per noi “rinati nel Battesimo”, continua sempre nel nostro tempo, perché ogni S. Messa è Pasqua, ogni domenica è Pasqua.
Il Risorto ci ha assicurato: “Sarò con voi, fino alla fine dei tempi”. Questo è il fondamento della nostra fede, che sostiene l’inquieta ricerca della nostra ragione e salda la fiducia nel mistero di Dio.
Come comprendiamo e ringraziamo l’apostolo Tommaso (v. Vangelo di oggi) che, forse per motivi umani (gelosia, orgoglio?) ma certamente perché la sua ragione aveva bisogno della fede, e la fede della ragione, vuole “vedere, toccare, Gesù Risorto”.
E Gesù lo conferma. Otto giorni dopo, riappare, dona pace e lo invita: “Vieni, vedi, tocca …” La risposta di Tommaso è quella della fede: “Mio Signore e mio Dio”. Dalla ricerca è passato al punto alto della fede: l’adorazione. E’ questo il “passaggio pasquale”. La misericordia di Cristo che ci dà pace nel mistero di Dio.
Come per i discepoli di Emmaus: attraverso l’ascolto di Gesù che ci parla nelle Scritture (Parola di Dio) e ci incontra nell’Eucaristia (ogni S. Messa è Pasqua) “avviene l’incontro con il Risorto”.
Questo ci è stato scritto perché “crediamo che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiamo la vita nel suo nome” (Vangelo di oggi. Gv 20, 19-31).