Avete qualcosa da mangiare?

A GESU’ LA RELIGIONE NON INTERESSA POI TANTO

Un utile esercizio di meditazione della Pasqua è leggere i Vangeli. Sembrerebbe banale ma da questo punto di vista la liturgia domenicale salta un po’ di palo in frasca. Non è immediato cogliere che il Vangelo di questa domenica segue in maniera repentina il brano dei discepoli di Emmaus: lo stesso giorno di Pasqua, reso drammatico dalla scoperta della tomba vuota. I discepoli di Emmaus “stavano ancora parlando”, trafelati dopo un cammino affrettato di undici chilometri quando già era buio.
Nel mezzo del discorso “Gesù stette in mezzo”: non dice “apparve” perché potrebbe trasmettere l’idea di una visione, di una allucinazione. Proprio Gesù fu presente in mezzo a loro. Gesù deve vincere la resistenza dei discepoli a credere che sia davvero lui: mostra loro le ferite del suo corpo come inequivocabile segno di riconoscimento ma ciò non basta e quindi decide di mangiare alla loro presenza. Un segno tanto semplice quanto potente: mangiare. Semplice nella sua umanità, potente nella sua concretezza. Gesù non usa atteggiamenti religiosi o sacrali, ieratici, nel presentarsi: mostra il suo corpo e mangia.
Spesso quando arriva un prete in un contesto non parrocchiale gli argomenti di conversazione iniziano a vertere su temi di vaghi ricordi di infanzia o su parenti consacrati, con somma noia del prete intervenuto che avrebbe parlato più volentieri perdei temi che già animavano le conversazioni; questa è la realtà in cui siamo: pensiamo che Gesù sia una questione di preghiere e di cose religiose, invece Gesù risorto e vivo si mostra nel mangiare, nel bere, nel camminare e nel pescare. Il cristianesimo, di fondo, non è una religione, intesa come una pratica legata a cose sacre diverse dalla vita quotidiana ma è la presenza di Gesù risorto in ogni circostanza della vita.
Questa è una proposta bellissima e liberante ma è anche, per certi versi, più esigente: a Gesù non le preghierine (sconsigliamo di usare questa terminologia coi bambini… che poi diventano adulti e le preghierine rimangono -ine, una cosa da bambini): a Gesù interessa la vita, che è fatta anche di preghiera e di culto ma che soprattutto è fatta di affetti, di lavoro, di risposo, di gioie, di fragilità e di peccati. In questa vita concreta vuole fare il suo ingresso il Risorto.
Lasciarlo entrare vuol dire mettersi in discussione ogni giorno: non è un caso che i sacramenti più in difficoltà siano quelli meno “addomesticabili”. Si possono vivere Battesimo, Cresima ed Eucaristia-Comunione in un rapporto privato in penso di relazionarmi con Dio raccontandogli le mie cose ma invece sono solo con me stesso.
Il Matrimonio, in primis, l’Ordine Sacro, di conseguenza, e anche la Confessione sono invece sacramenti che per loro natura chiedono di portare dentro la vita, di spezzare il pane, di mangiare il pesce con Gesù coinvolgendosi in una relazione personale con lui e con i fratelli.
Che la grazia della Pasqua ci aiuti a vincere le nostre resistenze al cambiamento.

Tratto da “L’eco di Asseggiano” n. 1605, www.parrocchiasseggiano.it

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