C’è bisogno di pastori?

LA DOMENICA DEL BUON PASTORE, LE VOCAZIONI

Viviamo in un mondo che è troppo complicato per la maggior parte delle persone che ci abitano. Sicuramente ciascuno ha bisogno di persone esperte per affrontare le questioni più specifiche ma anche il proverbiale bicchiere d’acqua oggi diventa un luogo in cui perdersi: anziani alle prese con prenotazioni mediche online, adolescenti intimoriti che si vergognano ad ordinare le pizze al telefono, persone di mezza età che si coprono di ridicolo confondendo il motore di ricerca di Google con il proprio stato su Facebook, parroci che sbagliano a pagare imposte e dimenticano appuntamenti. Ce n’è per tutti. Una modalità per affrontare questa complessità è rifugiarsi in luoghi ed abitudini familiari. Quante persone hanno inventato gli stratagemmi più sofisticati per eludere l’obbligo di entrare al supermercato da soli esasperando cassiere e commessi: ci sentiamo persi senza i nostri riferimenti.
In tante realtà della vita abbiamo bisogno di qualcuno che ci guidi, specialmente in quelle più delicate degli affetti, della sofferenza, delle gioie e degli impegni della vita. Gesù dice di sé stesso di essere Via, Verità e Vita, Porta e Pastore delle pecore. In questa domenica siamo chiamati a renderci conto di avere bisogno di Gesù che ci guida, ci cura, ci pasce. Chi è consapevole di questo bisogno dimostra affetto e gratitudine anche ai Pastori che Gesù ha lasciato alla sua Chiesa: i vescovi e i presbiteri (preti). Gli uni e gli altri sono uniti al sacerdozio di Cristo allo scopo di edificare la chiesa e di pascere il Gregge, il popolo di Dio.
Chi sente affetto e gratitudine ha una spinta in più a obbedire al comando del Signore che dice “Pregate il padrone della Messe di inviare operai nelle sua Messe”. I Sacerdoti sono un dono prezioso, e delicato, sempre più raro. Specialmente di questi tempi è evidente quanto essi siano esposti a critiche e attacchi, ma soprattutto l’incomprensione del loro ministero una delle cause di scoramento più forte.
Anche recentemente ha suscitato clamore a livello nazionale il caso di un sacerdote umbro che ha deciso di lasciare il ministero sacerdotale e dedicarsi alla relazione che aveva iniziato con una donna della parrocchia. Se la cosa fosse capitata ad un padre di famiglia sposato la cosa sarebbe scivolata nell’indifferenza che rapidamente spegne i pettegolezzi di paese e invece quando viene scossa la vita di un prete subito si accendono riflettori, si apparecchiano salotti e si dedicano pagine di giornale. Per i mass media pare che la causa di ogni male sia il celibato, la scelta di non sposarsi, presentata come un obbligo imposto. Da questo punto di vista è illuminante la recente nota del Vescovo di Orvieto e Todi dove è avvenuto il recente abbandono:


«La Chiesa chiede ai preti di vivere il celibato con maturità, letizia e dedizione, quale testimonianza del primato del Regno di Dio e, soprattutto, come segno e condizione di una vita pienamente donata: senza misura. Si diventa preti dopo almeno sette anni di discernimento e, attualmente, sempre più in età adulta, quando si ha maggiore coscienza e capacità di fare scelte definitive. Così è stato anche per don Riccardo, il quale, dopo un itinerario formativo durato almeno sette anni, ne aveva 33 quando è stato ordinato presbitero. Una delle affermazioni che, in questa circostanza, va per la maggiore è la seguente: “Al cuore non si comanda”. Tale opinione è indice di quanto, in un tempo segnato dal relativismo, la ragione sia sottoposta al dominio del sentimento. Si è parlato di eroismo davanti ad un prete che decide di mollare tutto perché si è innamorato di una ragazza; certamente occorre rispetto per la libertà di chi, pur avendo promesso solennemente di consacrare tutto se stesso a Cristo Gesù per il servizio alla Chiesa, non ce la fa, ma parlare di eroismo risulta davvero fuori luogo. Gli eroi sono quelli che rimangono in trincea anche quando infuria la battaglia, come, ad esempio, i mariti e le mogli o i padri e le madri che non mollano nei momenti di difficoltà, perché si sono presi un impegno e l’amore li inchioda anche nel tempo in cui i sentimenti sembrano vacillare; come i sacerdoti che, senza limiti di disponibilità e con cuore libero e ardente, vivono la fedeltà di una dedizione totale. […] il Santo Padre ha ricordato proprio oggi, durante l’Udienza Generale: “Senza la fede, tutto crolla; senza la preghiera, la fede si spegne”».


Il celibato dei preti è un dono per la Chiesa: persone che nella Comunità, liberamente e consapevolmente vivono i loro affetti nella stessa modalità con cui li ha vissuti Gesù, rinunciando ad una vita coniugale e alla paternità. Se il metro di paragone è quello di una famiglia cristiana autentica, che vive l’amore, la fedeltà, la fecondità e la responsabilità educativa, la vita del sacerdote risulta ugualmente impegnativa.
Se il paragone è la vita individualista e borghese (anche di coppia) del XXI secolo, la scelta dei sacerdoti di vivere la loro vita lavorativa e affettiva in funzione del Vangelo sicuramente perde ogni sensatezza. Pregate per i vostri sacerdoti, per i diaconi, per i seminaristi e per le nuove vocazioni. Che il Signore conceda alla sua Chiesa di essere degna dei doni che la sua misericordia le assicura, anche per le mani dei sacerdoti.

Tratto da “L’eco di Asseggiano” n. 1606, www.parrocchiasseggiano.it

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