Salvare la propria vita

UN UNICO FINE, MOLTEPLICI RICETTE, SPESSO SBAGLIATE

“Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà e chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”. Ascoltiamo al telegiornale che in quest’anno siamo arrivati ormai al tragico traguardo di 69 casi di “femminicidio”. Non è un termine geniale ma è il migliore che hanno trovato per identificare il fenomeno di fidanzati, mariti o ex che tolgono la vita alle donne che dicevano di amare.
Il motivo di questo neologismo è la necessità di rendere evidente l’abiezione e la nefandezza di questo comportamento davanti ad una cultura maschilista e oppressiva che potrebbe, in qualche maniera non vedere, tollerare o peggio, giustificare una simile barbarie.
La nostra cultura fa molta confusione tra giustificare e comprendere: giustificare significa dire che, per qualche motivo, un comportamento sbagliato diventa corretto e accettabile. Comprendere invece significa capire le dinamiche che hanno portato ad una certa situazione, come si possono analizzare la cause di una guerra o di un grave incidente. Chissà perché, in certi ambiti, quando qualcuno prova a comprendere a fondo viene accusato di essere uno che giustifica.
Gesù, nel Vangelo di questa domenica ci dona una chiave per comprendere. Il Signore ci dice chiaramente che nel mondo c’è una tensione, propria di ogni creatura, a salvare la propria vita. La persona umana non ne è estranea. Ognuno cerca affannosamente la propria strada di salvezza. Si cerca di assicurare in qualche modo il proprio essere, una stabile esistenza. Ci si guarda intorno e si cercano le ricette che propone a riguardo la cultura in cui viviamo. Mai come oggi il mondo propone innumerevoli vie di salvezza: dalla cura della salute fisica a quella psichica, dal successo mondano alla generosità filantropica, dall’accumulo dei beni alla ricerca dei veri affetti. Una vita di affetti veri rimane oggi l’ingrediente che ci affanniamo a cercare e a dosare perché non ci capacitiamo di cosa ancora possa mancarci nel nostro mondo pieno di benessere. E così, cercando di salvarci dalla profonda e in confessabile paura di essere soli ci leghiamo in tante relazioni, di amicizia, di coppia, di famiglia. Non importa se al posto dell’amore c’è un ozioso accomodarsi, un uso reciproco delle persone, addirittura un equilibrio di ricatti e di rapporti di forza: ci pare di esserci salvati. Gesù dice che qui, invece, è proprio dove ci perdiamo. Pensavamo di aver puntellato il nostro essere (egoista) con tanti beni rassicuranti e invece crolla tutto. Più grande era la finzione, l’illusione, più grandi sono le ferite e i danni. La reazione del mondo è coerente: si dispiace per chi soffre, ma siccome bisogna salvarsi, prova ad aggiustare il sistema, si aumenta la forza dell’uno o dell’altro in base a chi è rimasto ferito. Gesù propone la vera rivoluzione: “Vuoi avere la vita? Inizia a donarla”.
Questo è il metodo di Dio, che risplende nella logica della Croce. A sua volta essa è immagine della Ss. Trinità: il Padre non vuole salvarsi e dona se stesso, si perde nel figlio e similmente il figlio, nello stesso Amore, dona tutta la sua sostanza senza tenere niente per sé. Il risultato è che la Trinità rifulge di un bene inesauribile che si dona a sua volta alla Creazione. La cosa sorprendente è che quando su questa terra si inizia a vivere così, a vivere da Dio, si scopre che è meraviglioso: tante ansie, legate all’angoscia di salvarci, si disfano e non si ha più paura di amare come ama Dio. Questo non significa sorridere in maniera ebete alle violenze o accettare le prevaricazioni come una cosa strutturale e che mai cambierà. Si capisce subito chi è che accoglie la logica di Dio: nella sua vita abbraccia la vera salvezza che viene dal perdere la vita per amore e soprattutto inizia a costruire questo bene nella vita degli altri. “I giovani si affaticano e si stancano; i più forti vacillano e cadono; ma quelli che sperano nel Signore acquistano nuove forze, si alzano a volo come aquile corrono e non si stancano, camminano e non si affaticano (Is 40).
Sono di questo tipo i segni che provengono da coloro che, salvati, capiscono la bellezza di diffondere questa salvezza: lavorare con generosità, procreare con speranza, perdonare senza calcolo, accogliere senza discriminazioni, ma soprattutto annunciare il Vangelo ed educare con entusiasmo le nuove generazioni affinché ciascuno non si trovi poi ad aver sbagliato ricetta della salvezza senza che nessuno gli abbia indicato la vera vita. È quasi una bestemmia sentir dire, a commento giornalistico di certi omicidi efferati “l’amava troppo” o altre frasi ugualmente stupide. Invece, dietro ad ogni uomo che usa la violenza contro donne, uomini o bambini, c’è sempre il disperato e pervertito tentativo di salvarsi in una maniera che, inesorabilmente, come dice Gesù non può portare che alla morte.
C’è qualcuno che non ha mai conosciuto cosa sia l’amore. Accettare la via del Vangelo comporta mettere in discussione tutta l’impostazione egoista e narcisista non soltando quando sfocia in tragedie ma anche quando produce le tante sofferenze nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità. Forse è questo il motivo per cui quando si prova a comprendere si viene accusati di giustificare, perché si mettono a nudo tante altre mancanze di amore che non siamo disposti a riconoscere… e si reagisce nascondendosi e attaccando. Che il Signore ci doni la grazia di accogliere la Parola di Vita sempre nuova che viene dal Vangelo.

Tratto da “L’eco di Asseggiano” n. 1618, www.parrocchiasseggiano.it

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