Amate i vostri nemici

LA STRADA DELLA GRATUITA’

Il Vangelo di questa domenica (Luca 6,27-38) è particolarmente provocatorio e “impegnativo”. Riportiamo due testi (un biblista e una economista) che danno alcuni spunti di riflessione

Amare significa, qui come altrove, l’amore pieno, attivo, solidale, preoccupato, che non attende di essere ricambiato per donarsi. Non si aspetta il ravvedimento del nemico per poi amarlo, ma lo si ama già prima. Se si desidera il suo ravvedimento – e per questo si prega – è perché già ci si sente responsabili nei suoi confronti. Così inteso, l’amore al nemico è la punta dell’amore al prossimo. L’amore al nemico, infatti, evidenzia – come non accade in nessuna altra forma di amore – le due note profonde di ogni autentico amore evangelico. Anzitutto la tensione all’universalità: nell’amore al nemico la figura del “vicino” si dilata sino a rinchiudere anche il “più lontano”: chi è più lontano del nostro nemico? E poi la nota della gratuità, che è l’anima di ogni vero amore.

La figura del nemico di cui Luca parla è, possiamo dire, quotidiana, normale: non si tratta del persecutore, ma più semplicemente di chi sparla di noi, ci odia e ci maltratta. Le esemplificazioni concrete sono numerose, e vanno al di là dello stretto ambito del nemico: si parla infatti non solo di chi odia, percuote, ruba, ma anche di chichiede un prestito senza aver poi la possibilità di restituire. Luca è particolarmente interessato a sottolineare la gratuità dell’amore.

Le motivazioni che giustificano l’amore al nemico sono due: distinguersi dai peccatori ed essere figli dell’Altissimo. Si tratta di comportarsi come il proprio Dio, “benevolo verso gli ingrati e i malvagi”. L’aggettivo “benevolo” in greco dice amore attento, accogliente, mite, che non fa pesare ciò che dona. E “ingrato” (sempre in greco) sottolinea una volta di più come nell’atteggiamento proposto vi sia assenza di ogni pretesa di reciprocità. Non si ama il lontano perché si avvicini. Lo si ama perché si vuole prolungare fino a lui la benevolenza di Dio.

Bruno Maggioni

Quanto vale un atto di gratuità? San Francesco non voleva che i suoi frati toccassero denaro e che fossero ricompensati in moneta quando andavano a predicare l’amore gratuito di Dio. Perché quello che i frati portavano e donavano è di valore infinito, e qualsiasi ricompensa, qualsiasi prezzo, sarebbe stato uno sminuire quel valore.

Nulla vale come la gratuità: ha un valore infinito, non ha prezzo. Il considerare la gratuità senza prezzo, però, troppe volte ci ha portato a considerarla gratis, cioè a prezzo zero. E c’è una bella differenza tra il valore infinito, quindi senza prezzo, e prezzo zero, cioè di poco valore, facilmente ottenibile.

Tante, troppe volte confondiamo il gratuito con il gratis, e sminuiamo così il valore della gratuità. Perché agire con gratuità non ha a che fare con l’essere pagati o meno: è piuttosto un atteggiamento interiore che porta ad accostarsi ad ogni persona, ad ogni essere, a se stessi, sapendo che quella persona, quell’essere vivente, quell’attività, la natura, me stesso, non sono “cose” da usare, ma realtà da rispettare e amare perché hanno un valore intrinseco che accolgo e rispetto perché lo riconosco come buono.

Agire con gratuità non è fare cose, ma un “come” ci dedichiamo alle nostre attività. Esiste una vocazione iscritta nelle persone, nelle cose, in se stessi, nella natura; questa vocazione va servita e rispettata, e non asservita ai propri interessi. Quando agiamo così, viviamo la gratuità.

Alessandra Smerilli

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