Mentre Gesù, inchiodato sulla croce, sta morendo asfissiato in una agonia atroce, pronuncia alcune parole che gli evangelisti ci hanno raccolto e tramandato, come suo testamento d’amore: breve, essenziale, rispetto a quello dell’ultima cena ricordato da Giovanni nel suo Vangelo (cap. 14-17).
Sette parole che sono diventate oggetto di una grande riflessione teologica e spirituale, e motivo di preghiera per tutti. Ci interrogano sul mistero del vivere, del soffrire e del morire, guardando al Crocifisso.
Teniamole in cuore in questa settimana, per viverle, come meglio possibile, nella vita quotidiana. Possiamo considerarle come un grande candelabro a sette braccia, mettendo al centro la parola “Ho sete” perché esprime il senso stesso della morte di Gesù.
Da una parte le prime 3 e dall’altra le 5 – 6 – 7. Vediamole:
1 – Ai crocifissori: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 24) – il perdono.
2 – Al malfattore pentito: “Oggi sarai con me in paradiso” (Lc 23, 43) – la speranza.
3 – A Maria: “Ecco tuo figlio” e a Giovanni “Ecco tua madre” (Gv 19, 26-27) – figli di Dio in Maria.
4 – A noi tutti: “Ho sete” (Gv 19, 28). E’ un grido d’amore che ci dice perché Gesù muore. Vuole il nostro bene, che è il dono e il perdono di Dio che salva, e ci invita: “Amatevi come io ho amato voi”.
5 – Al Padre: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27, 46; Mc 15, 34) Ma il Padre non ha abbandonato il Figlio; è Gesù che si è fatto “peccato” portando su di sé tutto il peccato del mondo. E il peccato è abbandono, lontananza da Dio.
6 – Al Padre: “Tutto è compiuto” (Gv 19, 30). Ho fatto la tua volontà: è conclusa l’offerta del sacrificio redentore.
7 – Al Padre: “Nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46). Le scritture sono compiute – Gesù si consegna al Padre.
Non ci resta che adorare e ringraziare, vivendo in questo amore.
