Considerati sempre come gli ultimi e i peccaminosi, i pastori sono tra i primi a raggiungere il luogo dove è nato Gesù. Si fidano, nonostante i timori e la paura, dell’annuncio dell’angelo e corrono verso colui che li salverà. I pastori rappresentano l’umanità dormiente e pigra, vincolata alle cose materiali, a cui però è data l’opportunità di scoprire il divino, l’incontenibile sorpresa e gioia di venire in contatto con qualcosa di immenso.
Quante volte noi nel nostro confort ci adagiamo e lasciamo scorrere le nostre giornate?
Proviamo in questi giorni che ci separano dall’Evento a prenderci del tempo per noi e riproviamo la gioia di incontrare Gesù come hanno fatto loro.
…che non gridano, anzi sussurrano…eppure riesce a sentirle tutto il mondo.
Ogni cuore che sta sveglio, ed è in ascolto…ed è in attesa…riesce a sentirle.
E noi eravamo così, quella notte.
Uno accanto all’altro, a tentare di riposare. Il fuoco era stato spento da poco, e la cenere ancora calda e rossiccia, dava occasione a qualcuno di noi per trattenersi sveglio.
Il nostro gregge era radunato e riposava sereno. Domani saremmo tornati alle nostre case…oggi era stata una giornata molto faticosa…su e giù a guidare le greggi per i pascoli erbosi.
Così rari da trovare in questo periodo dell’anno così freddo.
Io quella notte non dormivo.
Stavo vicino ai miei compagni…ogni tanto davo uno sguardo da lontano alle pecore addormentate…ogni tanto guardavo qualche amico riposare.
Ma…si sa…nelle notti fredde della Palestina, quando spegni il fuoco e si fa buio ovunque… prima di addormentarti, non puoi fare a meno di guardare quel magnifico cielo stellato.
Così chiaro, così vero, così immenso…
E mentre guardavo, perso oltre l’orizzonte del visibile…ecco apparire in alto sopra di noi, qualcosa che i miei occhi mai dimenticheranno. Una schiera immensa, più delle stelle. Luminosa più delle stelle.
Angeli…erano angeli. Angeli magnifici che ci annunciavano la venuta del Re che le profezie avevano da tempo annunciato e che noi tutti in Israele aspettavamo.
E allora eccoci, alzarci e prendere le nostre cose e, senza dare importanza al freddo di quella notte, e senza dare importanza alla stanchezza del lavoro…ci incamminiamo verso il luogo indicatoci dagli angeli.
E lì…troviamo qualcosa che le mie parole non potranno mai far comprendere fino in fondo.
Era come se in quella mangiatoia, vi fosse Dio in persona. Dio…il Padre creatore e onnipotente, io lo sentivo lì presente. Come se fosse sceso ad accarezzare gli uomini, ne sentivo tutta la tenerezza e io, ormai adulto, mi sono sentito figlio suo. Mi sono sentito bambino tra le sue braccia, come quel Bambino che era nella mangiatoia. Così anch’io…così piccolo, e Lui, Dio, mio Padre, così grande. E sulla mia pelle ruvida, ho sentito la carezza del Padre…
E sulla mia pelle ruvida di pastore, ho sentito il calore di una lacrima che scendeva inaspettata…
Insieme agli altri: pastori come me.
Ma in quella grotta non c’eravamo solo noi col Bambino…
In quella grotta c’era Dio. Lo sentivo chiaramente dentro di me. Dio… venuto nel mondo, come uomo, affinché noi, uomini, potessimo tornare come Lui. A sua immagine…
Non so spiegarlo bene… Era come se quel Bambino avesse una luce attorno.
Anche io, come gli altri, quella notte, in quella grotta, ho visto e riconosciuto Dio.
Egli ha voluto farmi dono di vedere una delle tre persone della SS.Trinità.
Quel Bambino era il Figlio…quel bambino era il Verbo del Padre…
E quella luce…chi se la scorda più…
La luce del Verbo!
Luce che rischiara le ombre…luce che ne basta un piccolo raggio per far vedere tutto, oltre il buio, oltre il vuoto, oltre la paura.
Il freddo…mi viene in mente il freddo…il freddo tagliente e terribile che inondava l’aria e il mio cuore.
Erano molte settimane che l’aria si faceva così gelida di notte.
Ed era molto tempo che nel mio cuore non si accendeva una luce a scaldarmi e a bruciare tutto quello scoraggiamento che mi trascinavo appresso. Tutta la pesantezza della mia vita…tutta l’insoddisfazione e la tristezza che mi portavo addosso, perché a volte la vita non va come vuoi tu…a volte ti ritrovi a fare strade in salita…e magari a cadere….
Quella tristezza me la portavo addosso… come un carico pesante.
E faceva freddo.
Non so dirvi se mi faceva piu male il freddo di fuori o quello che avevo dentro.
O forse erano diventati ormai una sola cosa per me.
Di quella notte, ricordo che avevo freddo….
E poi…e poi…e poi quel fuoco, lì…acceso da Giuseppe per scaldare il suo Bambino e la sua dolcissima sposa. Quel fuoco, fatto d’amore, che brucia fortissimo, ma non consuma il legno…
Quel fuoco, forte e tenero, che al solo guardarlo si senti caldo e ti senti sciogliere quel ghiaccio dentro che aveva bloccato le porte.
Mi avvicinai istintivamente a quel fuoco, appena giunto nella grotta…mentre i miei compagni parlavano con la Madre e mentre altri erano in ginocchio senza parole di fronte al bimbo che dormiva. Io mi avvicinai…
Era come se in quel fuoco, Dio avesse voluto rivelarsi a me quella notte. E parlarmi di Lui.
E mi si aprì la vista…in quel fuoco io vidi la speranza…di qualcosa di nuovo che stava germogliando…
Nel mondo e nel mio cuore.
Nel mondo, un bimbo che avrebbe aperto la porta del paradiso a noi uomini senza meta.
Nel mio cuore, la certezza che la mia vita non era finita, e che potevo ricominciare…rialzarmi e riprendere fiato e ricominciare a camminare. Non lo so dove mi avrebbe portato la vita…non lo so se nel mio futuro ci sarebbero state gioie o sofferenze…non lo so se i problemi che avevo, si sarebbero risolti.
Eppure tutto ciò non aveva più importanza… perchè adesso sapevo una cosa nuova: sapevo che non ero solo! A camminare sulla strada della vita, non ero solo! C’era Dio con me…il suo Spirito Santo mi avrebbe accompagnato sempre. E come un fuoco, mi avrebbe scaldato.
E allora tutto cambia. Quando sai che qualcuno ti ama, non importa se la strada è in salita. Perché l’Amore è tutto….è quel fuoco che scioglie ogni ghiaccio…è quella presenza che si fa compagnia.
E mano nella mano col mio Dio, avrei camminato…lontano…lontano….