Cosa provò Maria?
Caro Diario…
Oggi, 25 dicembre, è nato mio figlio, il mio primogenito.
Sono così felice che quasi non penso più alla disperazione che stiamo vivendo, in questo tempo di guerra, in questa terra di conflitto, a volte mi sembra che le uniche luci di vita siamo noi, mio figlio, mio marito ed io: le uniche ragioni della mia vita.
Quando è iniziata la mia gravidanza ancora non ero sposata, ma questa oggi giorno non è una
cosa così insolita, tuttavia ricordo bene quel giorno di 9 mesi fa, un uomo mi apparve, ma io non mi spaventai, anzi, per la prima volta in tanto tempo mi sentivo al sicuro, mi disse che sarei rimasta incinta per volere di Dio e io, ricordo ancora le parole che usai, gli dissi: “Come sarà questo, poiché non conosco uomo?”.
Quando rimasi incinta ero giovane e vergine, il mio promesso aveva intenzione di liberarsi di me all’inizio ma poi qualcosa gli fece cambiare idea, forse la pietà, o la gentilezza, ma sempre gli sarò grata per non aver abbandonato me e mio figlio in questi tempi bui.
Da un po’ di tempo siamo lontani dalla nostra casa, stiamo fuggendo, come tanti prima di noi e tanti dopo di noi, il conflitto attualmente in corso non ci permette di vivere serenamente e ci ha costretto ad abbandonare ciò che conosciamo.
Non provo vergogna alcuna ad ammettere di avere paura, sono spaventata a morte, per il
bambino, per mio marito e per me, tuttavia, nel profondo del mio cuore, sento che nulla di male ci accadrà, sento che tutti noi, infine, saremo salvati, o almeno me lo auguro.
Prego tutti i giorni Dio di proteggerci, non ci è più concesso di andare in Sinagoga o di celebrare in alcun modo, non festeggiamo più le feste e non onoriamo i giorni sacri ma la mia fede non vacilla e spero neanche quella di mio marito poiché sento che questa sarà la nostra salvezza.
Figlio mio, mio primo nato, luce della mia vita, salvezza del mio spirito, sei stato costretto a vivere questo periodo di guerra dove la viltà umana ha preso il sopravvento sulla gentilezza e la comprensione, dove il diverso non è accettato ma perseguitato, dove uomini troppo potenti distruggono la vita a migliaia di persone per perseguire i loro egoistici scopi.
Figlio mio, sei stato costretto a nascere tra le rovine, nessuno che ti conosca al mondo, nessuno che sappia del tuo avvento, nessuno che sia qui a celebrarti con dei doni, solo le stelle sopra di noi e qualche animale a tenerci al caldo, la speranza di una vita diversa che ci fa sopravvivere e l’amore che provo per te che spero ti protegga, nient’altro ti riserva questa notte e me ne dispiaccio, figlio mio, tu che meriteresti che il mondo intero ti acclamasse.
Io e mio marito, Giuseppe, abbiamo deciso di chiamarlo Yēshūa‛, Gesù, salvezza.
Intervista a Giuseppe
Com’è iniziata la vicenda?
Tutto iniziò quando, tornato a casa dal lavoro, Maria mi disse di aver ricevuto la visita di un angelo che le aveva annunciato che avrebbe partorito il figlio di Dio.
Io persi la testa e diedi di matto, per lo shock della notizia uscii di casa a schiarirmi le idee.
Durante il rientro decisi di ripudiarla in segreto perché comunque le volevo bene e non volevo che le succedesse qualcosa di brutto.
Che notte quella notte, non la dimenticherò mai, ero talmente stanco che non riuscivo a dormire.
Ad un certo punto un bagliore mi colpì e qualcuno si presentò davanti a me.
All’inizio non capivo chi fosse ma ascoltando le sue parole mi resi conto di aver di fronte a me un angelo.
Sarò sincero, ancora oggi pensando a quella sera ho dei dubbi sulle parole che ho sentito, ma guardando Maria e il bambino mi rendo conto di aver fatto la scelta giusta. Proteggerli.
Ho deciso di accogliere Maria con me e di andare assieme al censimento.
La notte del nostro arrivo a Betlemme nessuno si offrì di accoglierci, di darci un posto dove stare.
Ero affranto, disperato e mi sentivo inutile perché non riuscivo a soddisfare i bisogni primari della mia famiglia.
Scoppiai a piangere ma per fortuna c’era Maria con me e ci facemmo forza a vicenda.
Continuammo speranzosi a cercare un riparo e finalmente trovammo una stalla.
Da quel momento tutta la disperazione cedette il passo alla gioia e la mia vita cambiò
completamente.
Cosa hai provato dopo la nascita del bambino quando l’hai visto per la prima volta?
Ammetto che sono stato preso da un turbinio di emozioni, prima della nascita avevo paura di non credere che fosse veramente il figlio di Dio, ma appena lo vidi per la prima volta mi sentii pervaso da una gioia mai provata e d’un tratto le parole dell’angelo prendevano senso.
Nei giorni seguenti la stalla si riempì di gente che veniva ad ammirare il bambino e sembravano tutti gioiosi ed estasiati solo a vederlo, lo chiamavano “Messia” o “Emmanuele”. Sentivo che ero
stato scelto per qualcosa, qualcosa di più grande di quanto potessi aspettarmi: sentivo di dover proteggere questo bambino, il figlio di Dio.
Arrivarono anche dei viandanti dall’oriente che portarono dei doni, oro, incenso e mirra, capii che probabilmente erano delle persone importanti e che quello che pensavo fosse solo un bambino era in realtà molto di più.
Come mai siete qui?
Abbiamo dovuto andarcene dalla nostra città. Abbiamo dovuto lasciare la nostra casa, i nostri amici, le nostre famiglie e rifugiarci in una terra che non ci aspettava, in una terra in cui per noi non c’è posto. Non è stato affatto un tragitto comodo né facile per una giovane coppia in attesa di un bambino. Ci siamo incamminati pieni di speranza e allo stesso tempo carichi di incertezze e dei pericoli propri di chi deve lasciare la sua casa. Sono tante le famiglie che, come noi, sono obbligate a lasciare tutto nella speranza di sopravvivere agli Erode di turno che per imporre il loro
potere e accrescere le loro ricchezze non hanno alcun problema a versare sangue innocente.
Che portento questo angelo!
Arrivai a Nazaret, da una vergine di nome Maria, promessa in sposa ad un falegname, chiamato Giuseppe. Nel momento in cui io entrai le dissi:” Rallegrati Maria, piena di grazia, il Signore è con te”. Lei, sentendo le mie parole, si agitò ma io la rassicurai, dicendole:” Non temere Maria, perché il Signore ti è vicino. Tu darai alla luce un figlio e lo chiamerai Gesù. Lui sarà grande e verrà chiamato Figlio di Dio e il suo regno non avrà fine.”. Dopo averle detto quelle parole percepii nei suoi occhi stupore e riconoscenza ma anche paura e preoccupazione. Mi allontanai dalla sua casa sapendo che nonostante tutte le difficoltà che avrebbe incontrato, lei ce l’avrebbe fatta.
Poco dopo, andai da Giuseppe, che non aveva preso molto bene l’annuncio fatto alla sua promessa sposa. Tormentato dai troppi pensieri e preoccupazioni non riuscì a dormire la notte e, come se non bastasse, gli apparve in sogno la figura del diavolo che gli diceva di andarsene e lasciare sola Maria. Io però lo convinsi a prendersi cura di lei dicendogli :”Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù. Egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Udite queste parole il cuore di Giuseppe si riempí di pace e, pieno di gioia, corse da Maria.
Al momento della nascita del bambino nessuno credeva che fosse realmente il figlio di Dio. In un mondo pieno di sofferenze, circondato da guerre e distruzione, sembrava a tutti impossibile credere ad una notizia che finalmente portasse gioia, pace e amore. Mi presentai quindi ai pastori e dissi loro: “Oggi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”.